Questo santo vescovo... sul principio del V [secolo] costruì sotto la roccia di questa collina
il suo sepolcro... e la sua tomba divenne fonte di prodigi e la cripta tosto fu mutata in
chiesa, e i Napolitani per desiderio di seppellirsi presso il loro pastore formarono quivi
un altro cimitero, che si disse la catacomba di S. Severo. Ma quando il corpo del santo
prima del secolo IX fu solennemente trasportato in città nella chiesa di San Giorgio,
scemò il culto all’antica cripta estramurana, e la catacomba restò ad uso di cimitero
con l’adiacente edicola cavata nel monte, finchè nel 1573 l’arcivescovo Mario Carafa la
cedette ai Conventuali, che vi fabbricarono dappresso il monastero, e nel 1681 rifecero la
chiesa con disegno di Dionisio Lazzaro. Sul maggiore altare è un quadro di molto pregio
di ignoto autore [oggi attribuito a Teodoro D’Errico] che studiossi d’imitare lo Zingaro,
rappresenta la Vergine co’ Ss. Severo, Ludovico, Antonio e Francesco d’Assisi. Nelle
cappelle sono quadri di qualche merito.
Richiamano però la nostra attenzione molte vestigia dell’ antica catacomba …Non
resta che la parte superiore, ne erano imbiancate tutte le pareti, ne staccammo
l’imbiancatura, e nell’arcosolio principale apparve l’imagine di un giovanetto di prima età
vestito d’amplissima penula rossa, la quale sollevata sotto il braccio e la mano sinistra
fa seni e pieghe di nobile vista. Egli regge colla sinistra un libro aperto, sul capo gli
scende dal cielo la corona d’alloro della gloria immortale; 4 santi cinti il capo di nimbo
luminoso, vestiti di tunica e pallio corteggiano il novello candidato del Paradiso. Le pitture
dell’arcosolio sinistro sono affatto perdute, meno nello spigolo a dritta vedesi l’immagine
crocifera di un SANCTUS PROTASIU(S); manca a dritta certamente il S. Gervasio.
Nell’arcosolio destro vedesi la croce gemmata fiancheggiata da due santi col nimbo,e
nello spigolo a sinistra l’imagine di un (SAN)CTUS EUTYCHE(TES), manca certamente
a destra il Santo Acuzio.
Pregevole poi l’oratorio di S. Antonio, che ebbe origine nel 1621 e conserva opere di
Michele Ragolia, Luca Giordano, Andrea Vaccaro, Giacinto Diano, Giovan Battista Spinelli
e Bernardo Cavallino. Sul coretto si ammira un organo in legno dorato e policromato,
che reca la firma di Carlo Mancini e la data 1760.